euro…
conversione del capitale delle società di persone per difetto
Not.
Menchetti Riccardo ha scritto:
Devo procedere alla cessione di una quota di Snc.
Conferimenti: lire 2.000.000 divisi in due quote
uguali da 1.000.000 ciascuna.
Il commercialista mi
presenta l’atto interno di conversione, adottato il 28.12.2001 e non ancora
depositato al registro imprese in cui i soci deliberano di convertire il
capitale in euro come segue:conversione per difetto ad euro 0,51 di ogni quota
da lire 1.000.
Conseguentemente il capitale risulta di euro 1.020
(pari a lire 1.974.995,4) con accreditamento a riserva di lire 25.004,60.
C'è qualcosa che non torna o sono io ad aver
studiato inutilmente per anni?
Ho deciso di indicare in atto un capitale di euro
1032,92 ottenuto convertendo le due quote da lire 1.000.000 in euro 516,46,
ossia utilizzando il solito meccanismo del troncamento al secondo decimale con
arrotondamento (in questo caso) per eccesso, fregandomene (scusate il termine)
dell'atto interno.
Cosa ne dite?
Not. Maria Alessandra Panbianco, risponde:
Per me hanno fatto una riduzione del capitale
sociale in deroga all’art. 2306, c.c. (sanzione penale ex art. 2623 n. 1).
L'unica norma che la consentirebbe e' l'art. 17, D.Lgs. 213/98 dettata per le
societa' di capitali.
Chi se la sentirebbe di darne un'applicazione analogica in materia di societa'
di persone?
Anch'io "brucerei" l'atto interno: cioe' direi ai soci "finora
avete scherzato, adesso facciamo le cose come si devono fare".
Qualche altra soluzione?
Li denunciamo nella nostra veste di pubblici ufficiali?
Not. Maria Benedetta Pancera, interviene:
Non sarei così categorica sulla impossibilità di applicare analogicamente l'art.
17, D.Lgs. 213/1998, alle società di persone.
Federico Magliolo (in Notariato n.12/2000 -Ipsoa), sia pure in un articolo ormai
un pò datato, sembra ammetterlo, suggerendo, peraltro, una clausola che faccia
comunque salve le condizioni di legge (cfr. art. 2306, cc., appunto!).
Quello che forse non è consentito è cumulare la procedura consentita dall'art. 9,
n.2, L. 383/2001 (atto interno etc.) con l'art. 17 sopra citato.
Not. Maria Alessandra Panbianco, conclude:
Il problema e' che nelle
societa' di persone non esiste il concetto di quota da mille lire, nemmeno
"ideale".
E non esiste nemmeno il
concetto di riserva legale non distribuibile ai soci o non disponibile.
Se accrediti di una somma una riserva, svincolandola alla disciplina del capitale
sociale (cfr. art. 2303, c.c.), hai
dato esecuzione a quella delibera/atto interno: giuridicamente parlando quella
somma e' stata resa disponibile per i soci (disponibile nell'accezione ampia di
distribuibile, addirittura).
Per me, cosi' su due piedi,
il reato si e' consumato, magari non in modo evidente in quanto l'atto e'
"interno" e le cifre in gioco abbastanza ridicole (25.000 lire
circa)!
I principi di continuita' e di neutralita', applicati al contratto di societa' di
persone, si rispettano alla lettera, secondo me, in due modi:
1.
convertendo le quote, se queste sono uguali;
2.
convertendo il capitale sociale (quel numero scritto nei patti sociali)
e "suddividendolo" tra i soci nella stessa esatta misura di prima e
ricavando i valori delle quote in seconda battuta (anche se manca il consenso
unanime dei soci: che invece e' necessario per l'atto interno dell'art. 9 legge
383/2001 con conversione e arrotondamento delle quote).
Resta fermo il principio ricavabile dalla Guida Operativa all'Euro del CNN, per
cui non c'e' una disposizione di legge, o un principio di diritto, che richieda
l'equivalenza dei valori in euro delle quote e del capitale sociale di societa'
di persone (la somma delle quote, convertite in euro, potrebbe anche non coincidere
esattamente con il valore del "capitale" convertito in euro): quasi tutti noi
concordiamo, mi pare, per una riscrittura coerente" dei patti sociali,
tenuto conto dell'euro, discutendosi piu' che altro sul come operare nel modo
piu' "indolore" possibile in relazione al tipo d'atto che investe quella
societa'.
Se la conversione comporta un arrotondamento, anche minimo, e le quote dei soci
non sono uguali, non c'e' continuita' o puo' non esserci continuita' in quel contratto,
a seguito della conversione: anche se di poco, la posizione contrattuale di
ciascun socio non e' piu' la stessa; ecco perche', secondo me, una tale
conversione richiederebbe comunque il consenso di tutti i soci (art. 9, L. 383/2001).
Ma non tutte le conversioni,
nelle societa' di persone, richiederanno questo atto interno: ci potranno
essere conversioni "automatiche" dei valori nel rispetto esatto dei
principi di continuita e di neutralita' e senza il consenso di tutti i soci, o
no?
Qui sta il problema: vedremo
cosa ci diranno i giudici.
Nelle societa' di persone non esistono adesso e non esistevano prima, limiti ai
numerari delle quote e del capitale: per esempio, si poteva tranquillamente costituire una Snc con
capitale sociale di lire 1.000.000 diviso tra i 3 soci in 3 parti uguali (senza
nemmeno indicare i numerari delle quote, essendo questi dei numeri periodici).
Potrei benissimo sostituire
al numerario la frazione che esprime la partecipazione di quel socio al
capitale: quota di Tizio = 1/3 del capitale sociale.
Non credo nemmeno che quota debba
essere sempre uguale al valore del conferimento: forse che non esistono
conferimenti a patrimonio nelle societa' di persone?
Del capitale sociale, contava e conta soprattutto la funzione organizzativa: il
numerario, in se', era ed e' relativo, tutto sommato (salve le norme di legge: artt.
2303, 2306, 2322 c. 2, c.c.) e veniva fissato dai soci anche scostandosi, per difetto,
dai valori del conferimento.
Viene meno (non c'e' mai stata) la necessita' di dettare una disciplina ad hoc per
la conversione dei numerari, ma solo un'opportunita' ai fini di certezza normativa
(che, finora, e' pero' mancata!).
Non c'e' un limite minimo
del capitale, non c'e' un limite minimo, o un multiplo, per la partecipazione dei soci al capitale sociale,
i diritti sociali possono anche non scaturire da un conferimento di capitale o
capitalizzato (es. socio d'opera).
Detto questo e' possibile convertire in euro qualsiasi valore in lire (del conferimento/del totale
dei conferimenti) senza che si ottengano "numerari" in contrasto coi principi
societari e senza che si debba, per forza, modificare la posizione contrattuale
dei soci: questo i soci possono fare con atto interno.
Non diminuire il capitale sociale "come se" si tratti di una Srl, che
è soggetta a vincoli e principi molto diversi: dunque, riduzione a seguito di
arrotondamenti per difetto ai centesimi, si; altre riduzioni no, a meno di
rispettare i principi societari generali (2252, 2296, 2300, 2306 ecc.).
E' una questione molto "fluida", me ne rendo conto! Mi pare pero'
molto piu' simile alla problematica di conversione dei prezzi o di altri valori
contenuti in un contratto pur che sia, piuttosto che a quella della conversione
in euro del capitale di spa: ripeto, io direi arrotondamenti massimo ai
centesimi di euro degli originari valori in lire.